25 Marzo 2025
Khamenei ai giovani in Europa.

Pubblichiamo l’intervento di Daniele Perra, saggista e analista geopolitico, in occasione della conferenza online “Quando l’imam Khamenei scrisse ai giovani in Europa …” tenutasi il 28 gennaio 2022.

Le lettere dell’Imam Khamenei ai giovani europei offrono tuttora spunti per interpretare l’attualità

Nonostante siano state scritte diversi anni fa, le lettere dell’Imam Khamenei ai giovani europei ed occidentali offrono ancora oggi diversi spunti per interpretare l’attualità.

È possibile analizzare queste lettere su due livelli: un livello prettamente geopolitico; ed uno inerente al piano della Tradizione. Senza dimenticare il fatto che, spesso e volentieri, questi due livelli si sovrappongono.

Partiamo dal piano geopolitico. C’è un’immagine (abbastanza recente) che merita attenzione. Mi riferisco alla fotografia del Presidente della Repubblica Islamica Ebrahim Raisi che durante l’incontro con Vladimir Putin al Cremlino si ferma per pregare. Considero questa immagine particolarmente forte in quanto racchiude l’essenza di ciò che in termini geopolitici si definisce come “multipolarismo”: ovvero, un ordine globale fondato sul rispetto reciproco e sulla cooperazione tra sistemi politici ed economici differenti, tra civiltà e culture differenti, con l’obiettivo finale del mutuo vantaggio e non della mera sopraffazione (del ricatto) del più forte sul più debole.

Si badi bene che multipolarismo non significa “multiculturalismo”: non si tratta di quello che con un orribile termine mutuato dalla lingua inglese viene chiamato “melting pot”. Ad ogni civiltà, al contrario, è data la possibilità di esistere e fiorire nel proprio spazio geografico storico. È la negazione dell’omologazione culturale pensata da Francis Fukuyama nella sua teoria dell’ultimo uomo; quello privato di ogni bisogno (spirituale, ad esempio) che non possa essere soddisfatto dagli strumenti della tecnologia moderna.

Ora, la domanda sorge spontanea: su quali basi si può costruire il multipolarismo? La risposta è tanto semplice quanto di difficile realizzazione: il multipolarismo si costruisce con lo studio e la conoscenza. A questo proposito, c’è un passaggio emblematico della seconda lettera in cui l’Imam Khamenei, preso atto delle distorsioni che la propaganda occidentale attribuisce all’Islam (non possiamo dimenticare il contesto in cui la lettera viene scritta, dopo gli attentati di Parigi attribuiti ad una cellula dell’ISIS), afferma: “studiate e informatevi su ciò che favorisce questa ampia azione ai danni dell’immagine dell’Islam”.

Bene. È inutile ricostruire ancora una volta la storia del sedicente “Stato Islamico”: di fatto, uno strumento geopolitico dell’Occidente (basti pensare che i vertici militari sionisti, in più di una occasione, hanno ammesso di preferire l’ISIS ai propri confini rispetto all’Iran). Lo stesso Imam, a questo proposito, scrive: “Non permettete loro di presentarvi i terroristi che hanno reclutato come rappresentanti dell’Islam”.

(L’ISIS, come noto, è erede diretto di al-Qaeda in Iraq, e le sue iniziali fortune territoriali nel Levante erano principalmente legate al fatto che molti ex ufficiali del regime di Saddam, lasciati volutamente in grado di colpire dagli occupanti occidentali, si unirono al gruppo.)

Il complesso industriale-militare occidentale

La storia dell’ISIS, tuttavia, è assai utile per un altro motivo: per comprendere in che modo funziona il complesso industriale-militare occidentale. E quando utilizzo il termine “complesso industriale-militare” metto al suo interno anche l’industria della propaganda e dello spettacolo. In poche parole, si tratta di un circolo vizioso. L’“Occidente” ha costantemente bisogno di un nemico per nutrire tale complesso. Il nemico, a sua volta, viene criminalizzato e nutrito allo stesso tempo.

Prendiamo ad esempio la militarizzazione della crisi pandemica. In questo caso è stato creato il nemico perfetto: il cosiddetto “no-vax” (termine che, ad onor del vero, viene applicato a chiunque si dimostri critico rispetto alle “non-decisioni” governative). Questo nemico è sottoposto a costante criminalizzazione.

Tuttavia, il sistema ha bisogno di lui. Dunque, lo nutre con il ributtante circo dei virologi da salotto televisivo che dicono tutto e il contrario di tutto, con ordinanze demenziali e così via. Perché lo fa? Perché sa perfettamente che fin quando la dialettica politica si riduce alla dicotomia no-vax/pro-vax non ha nulla da temere.

Non vorrei correre il rischio di essere frainteso. Non sto di certo paragonando i cosiddetti “no-vax” all’ISIS (forse l’informazione generalista sarebbe capace di farlo). Quello che voglio dire è che il sistema di costruzione del nemico è il medesimo.

Tuttavia (apro una parentesi), l’opposizione al sistema dovrebbe avere delle precise fondamenta ideologiche e spirituali. Dire no al “certificato verde” e desiderare il ritorno al momento pre-pandemico in cui si sono poste le basi per il sistema attuale incentrato sul potere sterminato delle multinazionali e sul rafforzamento delle strutture del capitalismo della sorveglianza (ricordiamo, ad esempio, che internet ha origine militare) è una contraddizione in termini.

Ecco, con l’Islam si è applicato lo stesso metodo. Si è creato il nemico perfetto: il terrorismo sedicente islamico ideologicamente fondato sulla deriva anti-tradizionale wahhabita. Lo si è realmente combattuto? No, perché è stato (ed è ancora oggi) utile ad un preciso disegno geopolitico. Chi ha combattuto realmente contro questa forma di terrorismo? Iran, Hezbollah, Russia e Siria.

La stessa Russia è rientrata in questo meccanismo di “costruzione del nemico”. Questa viene criminalizzata per aver mosso le proprie forze militari all’interno dei propri confini e vicino all’Ucraina. Nessuno dice che tali azioni sono state l’inevitabile risposta alle mosse occidentali (alla presenza di soldati britannici in Ucraina, alla possibilità che vengano installati sistemi missilistici NATO sul suolo ucraino, all’offensiva ucraina, con armi occidentali, nel Donbass).

Il complesso industriale-militare occidentale nel campo della propaganda

Lasciatemi fornire altri esempi di come funziona il complesso industriale-militare occidentale nel campo della propaganda. Sul finire degli anni ’80, gli Stati Uniti iniziarono a percepire come incombente la minaccia dello sviluppo tecnologico giapponese. Qual è stata la risposta? Non solo il boicottaggio dei prodotti giapponesi, anche Hollywood ha fatto la sua parte. Il principe della propaganda hollywoodiana, Steven Spielberg, realizzò una pellicola dal titolo Empire of the Sun che raccontava il triste destino degli occidentali residenti a Shanghai internati nei campi di concentramento dopo la conquista giapponese della città (come se gli Stati Uniti non avessero fatto altrettanto con i giapponesi residenti sul proprio territorio). Il senso della pellicola era presentare la cultura giapponese come naturalmente violenta e votata alla sopraffazione. Lo stesso è avvenuto nei primi anni duemila. Basti pensare alla pellicola 300 che presentava la battaglia delle Termopili come una sorta di conflitto tra civiltà ante litteram privo di alcun riscontro nella realtà storica. Ed in uno dei momenti di massima tensione tra Iran e Stati Uniti, non a caso, la pellicola Argo (che racconta la vicenda di alcuni dipendenti dell’ambasciata americana a Teheran sfuggiti all’assalto dei giovani rivoluzionari iraniani) ha vinto il premio Oscar.

Apro un’altra parentesi, perché ancora oggi qualcuno sorride quando, come fece l’Imam Khomeini, si fa riferimento all’ambasciata americana a Teheran come ad un “covo di spie”. L’affermazione dell’Imam, forse, era addirittura riduttiva. Le ambasciate statunitensi, spesso e volentieri, oltre ad essere “covi di spie”, sono covi di cospiratori e sediziosi. Ad esempio, l’ambasciata statunitense ad Hong Kong è stata il fulcro delle recenti violente proteste “pro-democracy” nella città. L’ambasciata statunitense a Pechino è stata il fulcro dei tumulti del 1989 in piazza Tian’anmen insieme ai gruppi sorosiani legati a quello che si sperava essere il Gorbaciov cinese, l’ex primo ministro Zhao Ziyang.

Infatti, l’ambasciatore nordamericano a Pechino in quegli anni era tale James Lilley, agente della CIA sin dagli anni ’50. Oggi, a capo della CIA, non sorprendentemente, c’è un altro ex ambasciatore: William Burns.

Lo studio e la conoscenza sono le chiavi per aprire la strada al multipolarismo

Dunque, tornando alle lettere dell’Imam Khamenei, lo studio e la conoscenza sono le chiavi per aprire la strada al multipolarismo. Ma tale studio, afferma l’Imam, deve essere effettuato “attingendo alle fonti primarie ed originali” (evitando le fonti viziate dal sistema della propaganda); nel caso dell’Islam, prendendo “informazioni sul pensiero islamico dal Corano e dalla vita del Profeta”.

Di nuovo, qual è stato il più nefasto effetto della crisi pandemica? Anche se i nostri vertici politici fanno finta di essere dispiaciuti o mostrano una assai falsa preoccupazione, ad una generazione di giovani è stato impedito di studiare. Sono stati scientemente privati della conoscenza e, di conseguenza, degli strumenti per interpretare e comprendere il mondo.

Allora, sorge spontanea un’altra domanda: qual è lo scopo reale della militarizzazione della crisi? Mantenere inalterato il paradigma egemonico occidentale. “Produrre” su vasta scala il già citato “ultimo uomo”.

L’invio di una missiva diretta nella storia dell’Islam e nella Tradizione europea

Passiamo agli aspetti “tradizionali”. L’invio di una missiva diretta non è infatti una novità nella storia dell’Islam. Già il Profeta inviò delle lettere ai principali sovrani del suo tempo invitando loro a convertirsi all’Islam. Si tratta dell’imperatore bizantino Eraclio, di quello sasanide Cosroe II, e del Negus etiope Ashama ibn Abjar. Ad ognuno di questi sovrani si lega una storia particolare.

Eraclio è il sovrano che riconquistò Gerusalemme dopo la sconfitta del 613 contro i Persiani e riportò, secondo la tradizione bizantina, il legno della croce del Cristo nella città santa. La sua vittoria venne predetta nel Corano, nella celebre sura XXX ar-Rum: “Sono stati sconfitti i Romani nel paese limitrofo; ma poi, dopo essere stati vinti, saranno vittoriosi in bid’ (meno di dieci) anni…”. Le cronache di Tabari, inoltre, riportano che lo stesso Eraclio si sarebbe convertito all’Islam.

Cosroe II rifiutò in modo sprezzante la richiesta di Muhammad; mentre il Negus, racconta nella sua Sunna profetica il tradizionalista Abu Dawud al-Sijistani, attestò che egli era il messaggero di Dio e colui che era stato preannunciato da Gesù, figlio di Maria. Il riferimento, in questo caso, è ad alcuni passaggi del Vangelo di Giovanni, di quello apocrifo di Barnaba, ed alla celebre diatriba intorno ai termini greci paràcletos (consolatore) e periclytòs (il più lodato). Il Cristo, di fatto, annuncia la venuta dopo di lui di uno “spirito di verità” che guiderà alla verità. Il termine periclytòs viene tradotto nell’arabo Ahmad al quale si lega il nome Muhammad. Dunque, la profetologia islamica ritrova nel Vangelo l’annuncio della venuta di un nuovo e finale messaggero di Dio.

Riferimenti a missive si ritrovano anche nella Tradizione europea. Si pensi, ad esempio, alla lettera che il Prete Gianni (personificazione del “Re del Mondo”) avrebbe inviato all’imperatore bizantino Manuele I Comneno descrivendo le meraviglie del suo regno. Lo stesso Prete Gianni che fece dono a Federico II di Svevia di un anello che ne assicurava l’invisibilità, quindi, la capacità di occultamento.

Missive dell’Imam Khomeini

Tornando alla contemporaneità, non si possono non citare le celebri lettere che l’Imam Khomeini inviò a Giovanni Paolo II e Gorbaciov. La prima era una risposta all’invito che il Pontefice fece all’Imam per sollecitare il rilascio del personale del già citato “covo di spie” dopo l’assalto dei giovani rivoluzionari iraniani. Nella risposta, lo stesso Khomeini afferma di aver preso in considerazione l’invito solo in nome del rispetto che si deve alla cristianità. Tuttavia, aggiunge subito con una certa amarezza che dal rappresentante in terra del Cristo si sarebbe aspettato solidarietà nei confronti degli oppressi e non degli oppressori. Soprattutto, si sarebbe aspettato maggiore solidarietà in considerazione dello speciale rapporto che lega Islam e Cristianità.

Un rapporto che nell’attuale Occidente è stato negato, ignorato e travisato grazie alla costruzione artificiale della cosiddetta civiltà “giudeo-cristiana” da opporre sia a quella islamica che a quella confuciana. Il Corano, infatti, ha difeso Gesù Cristo (al quale è riservato un ruolo di primo piano nella stessa escatologia islamica) e sua madre Maria dalle calunnie subite. È scritto nel Corano: “Per la loro miscredenza e per aver pronunciato contro Maria una calunnia orrenda, […] per l’iniquità di coloro che sono giudei abbiam loro proibito delle cose buone che prima eran loro lecite” (Sura IV, 156-160). E ancora: “Troverai che i più feroci nemici di coloro che credono sono i giudei e i politeisti. E troverai che quelli che son più vicini per affetto a coloro che credono sono quelli che dicono: Noi siamo cristiani. Questo perché fra loro vi sono presbiteri e monaci ed essi non sono superbi” (Sura V, 82).

Di altro tenore fu la lettera alla guida sovietica. Qui, l’Imam presagiva il futuro del comunismo: “d’ora in poi – afferma Khomeini – bisognerà cercare il comunismo nei musei di storia della politica mondiale”. Il problema sostanziale della dottrina comunista era dato dal suo intrinseco materialismo. “E con il materialismo – scrive l’Imam – non si può di certo far uscire l’umanità dalla crisi provocata proprio dalla mancanza di fede nello spirito”. Non sorprende il fatto che la Repubblica Popolare Cinese (oggi il principale rivale strategico all’egemonia globale USA), nonostante l’adesione sulla carta ai principi del marxismo-leninismo, abbia ritrovato slancio dopo il 1989 attraverso la riappropriazione della propria storia e tradizione millenaria.

Khamenei rifiuta di rivolgersi ai vertici politici

In conclusione, tornando alla lettera dell’Imam Khamenei ai giovani occidentali, possiamo notare un cambio di prospettiva evidente. Khamenei, a differenza dei suoi predecessori, rifiuta di rivolgersi direttamente ai vertici politici ormai privi di credibilità. Preferisce invitare i giovani alla conoscenza per sfuggire dagli ingranaggi della propaganda e dei conflitti tra culture studiati e programmati. Scrive: “Io non mi rivolgo nemmeno ai vostri politici e uomini di Stato in questa lettera perché credo che loro abbiano separato consciamente la via della politica dal sentiero della giustizia e della verità”. Quando le lettere vennero scritte era Presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama: il Nobel per la pace che fino al suo successore Donald J. Trump ha detenuto il triste primato di ordigni sganciati sull’Afghanistan. Ed oggi la situazione non sembra affatto migliore.

Di fronte a noi c’è infatti la prospettiva di un conflitto militare in Europa costruito ancora una volta su un castello di menzogne. L’unica soluzione, dunque, è rigettarlo prendendo nuovamente in mano il nostro destino.

[ Khamenei ai giovani in Europa ]

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